Presso l’Ufficio d’informazione del Parlamento europeo, si è tenuto un convegno dal titolo "Donne sull’orlo della crisi".
L’evento è stato organizzato dall’Osservatorio interuniversitario di genere,
parità e pari opportunità (Gio) e si inserisce nell’ambito dell'iniziativa
"L’Europa per le donne",
promossa dal Parlamento europeo e dedicata al tema dell’impatto della crisi
economica sulla condizione femminile.
Il convegno è stato un’occasione per proporre un’analisi
multidisciplinare sulle implicazioni della crisi nei vari ambiti della vita
sociale femminile, proponendo anche buone pratiche attuate in Italia attraverso
testimoni privilegiati.
Le donne sono state al centro dei programmi politici discussi
durante l'ultima campagna elettorale italiana, ma ancora oggi si trovano ad
essere in minoranza sul piano lavorativo. L'impatto della crisi si è abbattuto
sulla condizione femminile soltanto in un secondo momento, ossia a partire dal
2010, anno in cui sono stati fatti tagli nel settore dei servizi, e i contratti
a tempo determinato hanno peggiorato la
condizione della donna. Le donne, infatti, rappresentano più della metà
della popolazione italiana istruita, ma meno della metà di esse risulta
impiegata.
I giovani rappresentano insieme alle donne un'altra categoria a
rischio: moltissimi decidono di andar via dall'Italia perchè sfiduciati dalle
prospettive di vita e di studio attuali e desiderosi di vivere nuove esperienze
altrove.
Se volessimo mutare il titolo di questo incontro, potremmo parlare
di "Donne sull'orlo delle crisi".
Una prima crisi, infatti, inizialmente di stampo finanziario/economico visibile
durante il periodo che va dall'anno 2007 sino al 2009 non è stata avvertita
direttamente dalle donne, poichè queste sono assenti dal mondo della finanza e
poco presenti in quello dell'industria; la seconda, invece, è quella che stiamo
vivendo e che risulta un prolungamento di quella precedente, è stata risolta
dalla gran parte dei paesi intaccati per mezzo di politiche fiscali espansive.
In Italia il ricorso a tali politiche, però, ha creato l'innalzamento del
livello del debito pubblico, e provocato una
crisi del settore pubblico in particolare dei servizi, dove le donne
risultano per la maggior parte impiegate.
Sul numero totale di lavoratori inattivi (che non hanno
un'occupazione e non la cercano), la percentuale riguardante gli uomini risulta
più alta rispetto a quella delle donne: quest'ultime di fronte alla perdita di
lavoro maschile - soprattutto al Sud - si sono fatte avanti sul mercato del
lavoro. Il 60% delle lavoratrici
soddisfatte (che hanno trovato un'occupazione pari o superiore al titolo di
studi conseguito) trovano lavoro high skill (alta competenza) nel settore
pubblico, a differenza di un'alta percentuale di lavoratori soddisfatti che
trovano lavoro nel settore privato.
Un capitolo a parte, durante l'incontro, è stato dedicato alla violenza domestica sulle donne. In
Italia si focalizza l'attenzione sull'analisi del post-violenza, poco è stato fatto
per individuare politiche che impediscano che ciò avviene molto spesso nel pre.
La causa va rintracciata in un deficit culturale e nella mancanza di politiche
attive che incoraggiano la partecipazione della donna.
Il quadro di riferimento che risulta dall'incontro è sostanzialmente negativo per quel che
riguarda la donna: nonostante l'impegno e nella maggior parte dei casi il
possesso di titoli di studi di livello elevato, la figura femminile è costretta
ad ottenere un livello salariale in media di livello inferiore rispetto a
quello degli uomini che occupano le stesse loro posizioni lavorative. Infine,
si ricordi come nelle posizioni di vertice delll' attuale società la donna non
è spesso presente, sintomo di un'anomalia che denota una non completa avvenuta
parità uomo-donna.
http://www.radiosapienza.net/2013/news/eventi/191-donne-crisi-e-lavoro